
Perchè il nostro Network Olistico si chiama Phedros?
Le origini del nome Phedros: il mito della biga alata | Phedros.
Dal discepolo di Socrate alla mission che ha dato vita alla nostra rete di corsi olistici: scopri come nasce Phedros, la tua guida per la crescita personale.
Non volevamo un nome deciso a tavolino. Uno di quei nomi che nascono da un “brainstorming” di gruppo dove si valutano i pro e i contro e l’appetibilità commerciale.
Volevamo un nome evocativo, corto, suggerito da un’intuizione, per segnare la differenza tra fare solo business e agire secondo una missione etica: quella di favorire la diffusione di tecniche olistiche e conoscenze per stare bene.
Phedros (aka Phaedros o Fedro) è il discepolo di Socrate di cui ci parla Platone nell’omonimo dialogo. Il suo nome è arrivato magicamente durante una meditazione, dopo aver espresso l’intenzione di trovare il nome del progetto olistico che volevamo creare. Al “risveglio” ho subito collegato Phedros al mito platonico della biga alata.
Vedevo questo auriga impettito e rigido che tentava di governare i due cavalli, uno bianco e uno nero, che lo tiravano in direzioni opposte, quello bianco voleva volare verso il cielo, verso l’alto, mentre quello nero tirava giù, verso il basso.
L’auriga faceva uno sforzo immenso per tenere l’equilibrio ma, visto da fuori, lo spettacolo era bellissimo: vedevo questa triade di personaggi che, pur seguendo i loro istinti diversi, creavano un movimento armonioso tendente verso l’alto.
Ho provato una gioia particolare quando ho ricordato che quell’immagine poteva rappresentare il misterioso meccanismo che affida alla mente razionale impettita e rigida il governo di due parti potentissime.
Molto più potenti di lei, la materialità del corpo fisico, con i suoi istinti primordiali, e la spiritualità dei corpi sottili, che spingono all’elevazione, alla ricerca di una verità superiore.
Il Cavallo Nero e l’istinto
Quante volte nella vita ci siamo sentiti trascinati dai nostri istinti, a fare qualcosa di cui non potevamo fare a meno, ma di cui poi ci siamo pentiti amaramente.
Questo per Platone significa dare potere al cavallo nero. Il cavallo nero ci tira giù verso gli istinti, sia quelli vitali sia quelli incontrollati di possesso, di materialità, verso l’espressione di sentimenti di rabbia, o semplicemente verso un piccolo peccato di gola.
Il Cavallo Bianco e l’intuizione
Dall’altra parte il cavallo bianco è quella parte di noi che invece ci solleva, ci porta verso l’alto, ci fa vedere le cose da diversi punti di vista, ci consente di aprirci all’intuizione, di sentirci più forti e di riconnetterci con l’eternità, col divino. E ci fa sentire bene, ci fa sentire leggeri.
Ma quante volte abbiamo dato troppo peso a questa parte, lasciandoci andare a fantasie che poi si sono rivelate eccessive, non supportate dalla capacità di realizzarle? E quante volte questo cavallo bianco ci ha reso palloncini che svolazzavano in aria, mentre sotto, nel cosiddetto mondo reale (1), succedevano altre cose di cui non ci rendevamo conto e poi ne abbiamo dovuto pagare le conseguenze?
L’auriga e la ragione
Il povero auriga rappresenta dunque la mente, la nostra parte razionale.
Dico “povero” perché non soltanto ha un compito difficilissimo, quello di tenere in equilibrio i due cavalli, ma anche perché la mente è talvolta bistrattata e relegata al ruolo di umile serva senza valore della nostra parte superiore.
Noi spesso confondiamo noi stessi con la nostra mente e quindi è necessario ricordare che noi non siamo soltanto la nostra mente.
Però alle volte si arriva all’eccesso opposto e si denigra la mente per relegarla a un ruolo poco importante, quasi nullo. Pure questa è esagerazione, disequilibrio.
Tornando al mito, la mente razionale, l’auriga, è qui proprio per dire: “Cavallo nero non esagerare a tirar giù, cavallo bianco non esagerare a tirar su, cerchiamo di trovare una via equilibrata, con un’andatura che procede in avanti e tendenzialmente verso l’alto”.
Questo è proprio il concetto di evoluzione, di crescita: così come l’universo si espande, anche noi tendiamo naturalmente verso l’espansione.
Cosa rappresenta la biga alata?
Ma se il cavallo nero può rappresentare in termini di psicologia moderna la nostra parte inconscia (dove risiedono le pulsioni arcaiche e istintuali).
Il cavallo bianco il nostro superconscio (da cui provengono le intuizioni e le ispirazioni superiori, artistiche, filosofiche e scientifiche) e l’auriga sempre la nostra mente razionale o conscia (quella che pensa, parla, legge), che cos’è la biga?
Nel mito della biga alata Platone ci parla di tre componenti, però non parla del carro della biga alata, della macchina, che non è vitale, ma è un meccanismo che funge da mezzo di trasporto e consente il movimento in avanti di tutto l’insieme.
Altrimenti non ci sarebbe più un insieme coordinato, ciascun cavallo andrebbe per conto suo e il povero auriga sarebbe appiedato.
Questa biga alata, anche se Platone non l’ha detto, per me è la nostra parte subconscia, quella porzione della psiche dove vengono archiviate le informazioni che sono accessibili con un semplice richiamo.
La parte che è stata programmata come un computer a eseguire delle operazioni in maniera ripetitiva rispondendo allo stesso segnale sempre con la stessa reazione e che è determinante perché ci consente di compiere moltissime attività (come guidare) in automatico.
Ma la biga alata è anche quella parte di noi che, conoscendone il linguaggio, ci dà accesso all’inconscio, ci consente di modificare i programmi che non ci servono più, per far sì che la biga ci possa trasportare in maniera facile e veloce verso la nostra espansione, la nostra evoluzione.
(1) La cosiddetta realtà oggettiva è la manifestazione sensorialmente rilevabile del nostro mondo interiore.
PHEDROS è libero. Non è associabile a nessuna categoria filosofica o religiosa, è compatibile con le diverse culture e i diversi “credo religiosi”.
Propone un PERCORSO di crescita individuale su misura, che si adatta al vissuto di ciascuno e non ha la pretesa di insegnare in che cosa è meglio credere o non credere.
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